Il tema del NO dei bambini mi affascina moltissimo sia come mamma che come teatroterapeuta ma anche come counselor. Per questo ho pensato di elaborare un vademecum che possa alleviare la rabbia e la frustrazione di molti genitori che mi hanno contattata negli anni presi dallo sconforto dell’impotenza nei confronto dei NO dei propri figli. Ed ora voglio condividerne con Centrifugato di mamma una parte.

Come vi dicevo, ho lavorato per molti anni alla scuola dell’infanzia ed anche alla primaria come teatroterapeuta e ho condotto gruppi di tutte le età. Il tema del NO mi ha sempre attratto molto, perché pur sapendo tutta la teoria “inciampavo” sempre nel mio orgoglio ferito.

Si lo ripeto ORGOGLIO FERITO, perché non sono i bambini a sbagliare quando dicono quel NO che tanto ci turba, ma siamo noi grandi con il nostro atteggiamento il più delle volte.

Oggi mi rivolgo a tutti coloro che hanno a che fare con bambini dai 2 ai 7 anni, e a volte oltre, per suggerirvi delle piccole strategie che per i miei clienti e per me sono state di grande aiuto.

Perchè dico dai 2 anni? Perchè questa fase dei NO inizia con il periodo chiamato Terrible two (i terribili 2 anni)

È necessario riconoscere che serve una strategia, una soluzione che aiuti voi e il bambino a superare questa fase del NO (del tutto normale) da vincitori. E soprattutto vi faccia arrivare sul podio più alto insieme, orgogliosi l’uno dell’altro.

Per andare oltre al No il bambino deve avere la capacità di fare quello che gli chiediamo, essere in grado di compiere quell’azione, e soprattutto, cosa per noi adulti molto difficile da comprendere, occorre dare una buona motivazione.

È fondamentale insegnare al bambino a collaborare e non pretendere da esso ciò che noi comandiamo. Anche se possiamo ottenere dei buoni risultati dando un comando, essere autoritari non è la strada giusta per avere una risposta costante e duratura. Il bambino obbligato si comporterà come noi abbiamo chiesto solo perché si sentirà comandato e non perché ha capito come fare. Di conseguenza prenderà questo insegnamento come corretto e lo applicherà a sua volta con i suoi coetanei.

Quindi il nostro compito è duplice, come prima cosa dobbiamo insegnare lui come fare una cosa tante volte fino quando l’ha veramente appresa, poi necessita fornirgli una ragione per volerlo fare.

Insegnare ai bambini a collaborare richiede tempo e pazienza, ma i risultati durano tutta la vita, creando così un rapporto d’affetto attraverso cui gli avrete trasmesso il valore della collaborazione e aumentato la sua capacità di non volere risultati immediati e di sopportare delusioni.

Questa fase dell’età evolutiva è la più importante per far acquisire al bambino alcune capacità che possono essere insegnate in maniera ottimale da voi stessi che siete la sua guida.

Foto di Josh Willink da Pexels

COME REAGIRE AI NO DEI BAMBINI?

Inoltriamoci nel tunnel dei NO insieme e cerchiamo di superare il primo ostacolo in modo soft e soddisfacente.

Come prima cosa fatti questa domanda “sono capace di non sentirmi un capo ma un leader?” Se la risposta è SI possiamo proseguire insieme se è NO, se vuoi seguirmi dovrai un po’ cambiare la tua visione delle cose, altrimenti a un certo punto ci dovremmo separare.

Nei primi anni di vita fino all’età scolare i bambini vivono in un mondo di cui sono il centro. Vogliono fare solo quello che vogliono quando vogliono ed è giusto che sia così per rispetto della loro età evolutiva.

I bimbi amano coerenza e prevedibilità quindi dicono NO per evitare incognite, cambiamenti, i fallimenti e non perdere il controllo della situazione.

Inoltre, i bambini imparano subito che non collaborare è un modo facile per attirare l’attenzione dei genitori E ancora, non percepiscono la programmazione che i genitori hanno in mente quando formulano le richieste. Non avendo ancora il concetto di tempo, poi, i bambini più piccoli non comprendono l’urgenza dei genitori.

Insomma, i bambini, hanno tanti buoni motivi per dire NO! E saperlo ci può aiutare e non prendere i NO sempre e solo come attacchi personali.

PER AVVICINARCI AL PODIO A BRACCETTO CON NOSTRO FIGLIO E AFFRONTARE AL MEGLIO I NO DEI BAMBINI NECESSITIAMO PORCI ALCUNE DOMANDE

  1. Mi sento un buon modello per lui? Cercate di mettere voi in pratica ciò che insegnate e lasciate che vi osservi mentre lo fate se volete che l’abitudine diventi un gioco da ragazzi e non un continuo rimprovero. Se voi non vi comportate come richiedete a lui come potete pensare che lo ritenga un atteggiamento corretto?
  2. È realmente in grado di compiere l’azione che gli abbiamo chiesto? Fatevi sempre questa domanda quando lo vedete in difficoltà, chiedetevi se è in grado di fare l’azione che glia avete chiesto e se ha compreso le vostre parole, se no continuate ad essere un buon esempio e arriverà il momento che sarà autonomo anche lui.
  3. Come mi sentirei se fossi in lui a una richiesta del genere? Considerando il punto di vista del bambino è sicuramente il primo passo per trovare una sana collaborazione. Una volta capito il suo programma mentale sarà più facile indurlo a seguire anche il vostro.
  4. Gli ho insegnato a fare ciò che gli sto chiedendo? Ricordatevi che per arrivare vincitori al traguardo serve una buona partenza ma anche un ottimo allenamento costante. Quindi se volete che si lavi i denti correttamente investite del tempo, tutto quello che necessita, per insegnarglielo. Potrebbe essere necessario assisterlo più tempo di quello che vi eravate prefissati, ma non perdete la pazienza, pensate alla meta.
  5. Quante direttive gli state dando tutte insieme? Se chiedete al bambino di spegnere la tv, mettere via i giochi, mettersi il pigiama e lavarsi i denti tutto insieme, sarà in grado di ricordarlo? Io sinceramente farei molta fatica, e voi? Provate a dargli un imput per volta e vedere cosa accade.

Viste così sembrano molte banalità e soprattutto scontate, ma vi assicuro che mentre ci troviamo all’interno della dinamica comportamentale il raziocinio e la ragione vengano sopraffatti dalla rabbia, l’impulsività e la paura di fallire in quanto genitori o educatori.

Ricordiamoci sempre che siamo dei conduttori e non dei capi autorita. Che portiamo il bambino dove serve perché poi possa camminare da solo e se non gli lasciamo formare un carattere forte e sicuro rischiamo di crescere un adulto insicuro o arrogante.

Urlare non porta a nessun risultato, anche se a volte alzare un po’ la voce ci aiuta a farci sentire.

Vi racconto un piccolo aneddoto che racchiude tutto ciò che ho detto, che mi è successo in una scuola primaria. Avevo a che fare con una prima elementare che non ascoltava, quando entravo a fare la mia attività di teatroterapia urlavano sempre tutti e non si accorgevano della mia presenza, le prime volte alzavo la voce e mi accorgevo che si paralizzavano come dei soldatini pronti a rispettare gli ordini, ma non era ciò che volevo, io cercavo il loro vero IO come classe. Erano abituati a rispettare l’autorità, allora ho provato un’altra azione sono entrata in silenzio e li ho disorientati, non ho fatto richieste ho messo la musica e ho iniziato a fare ciò che avrei voluto che facessero loro e come per magia è arrivato il silenzio e tutta la classe ha fatto ciò per cui ero andata lì dà loro. Siamo arrivati sul podio insieme.

Foto di RUN 4 FFWPU da Pexels

Ora lascio che sia tu a decidere come preferisci comportarti o relazionarti con il tuo bambino, e spero di vederti arrivare sul podio insieme a lui in quanto suo leder. Ti assicuro che ne trarrai beneficio anche tu.

Spero che questo articolo ti sia stato utile, aspetto i tuoi commenti per un sano confronto.

Grazia Giorgia Greppi 

Counselor, Naturopata e Teatroterapeuta

Scritto da:

centrifugatodimamma

Milanese di origine, giramondo di vocazione. Alterno varie esperienze tra animazione, educazione (in asilo nido e scuole di vario grado) e turismo. Dopo un’esperienza di 6 mesi in Egitto nel 2002 torno in Italia, apro e gestisco degli asili nido per 10 anni, mi sposo e sembra che ormai la vita abbia preso un binario sicuro e solido. Ma il sogno di lasciare di nuovo l’Italia rimane sempre vivo (e neanche ben celato! ;) ). Nel 2012 anche mio marito si convince e decidiamo di trasferirci in Repubblica Dominicana alla ricerca di caldo e di una vita più semplice e serena. Qui nel 2015 nasce la nostra bimba Priscilla… e con lei il blog Centrifugato di mamma. Dove racconto com’è essere mamma, com’è esserlo lontano dalle nostre famiglie, come viviamo in un luogo tanto diverso da quello da cui veniamo, e le meraviglie che scopriamo giorno dopo giorno. Da novembre 2018 siamo a Malaga, pronti per nuove avventure! ;)